Benvenuti al terzo episodio di “Lezioni di storia coreana“, la rubrica di Mondocoreano per gli amanti della storia e per chi vuole saperne di più su questo fantastico paese che è la Corea del sud!
Come visto nelle precedenti puntate, la storia della penisola coreana è costellata di alti e bassi, di periodi di grande splendore e periodi di buio e disperazione e, proprio in ragione di ciò, non possiamo non parlare di un capitolo fondamentale per lo sviluppo contemporaneo e moderno della – attuale – Repubblica di Corea. A cosa ci riferiamo?
Ovviamente alludiamo all’occupazione giapponese, ma proviamo a ricostruire piano piano tutti i tasselli di questa storia.
Periodo storico
Quando parliamo dell’occupazione giapponese della Corea ci riferiamo ad un arco temporale che va dal 1910 fino al 1945 e rappresenta uno dei momenti più tristi e dolorosi della storia coreana, durante il quale gli abitanti persero, nel corso degli anni, quell’indipendenza che avevano faticosamente raggiunto durante l’epoca Joseon.
Possiamo dividere i 35 anni di colonizzazione nipponica, in 3 fasi distinte:
- Primo periodo (1910-1920);
- Secondo periodo (1920-1930);
- Quindicennio finale (1930-1945);
Il primo periodo: gli anni ’10 del 900
Nel primo periodo, noto tristemente per la crudele repressione generale verso il popolo coreano, i giapponesi cercarono di distruggere l’orgoglio coreano sfruttando le risorse del Paese e cercando di colonizzare sempre di più la penisola: in questi anni venne instaurato un vero e proprio Stato di polizia al fine di reprimere e punire ogni sorta di ribellione da parte del popolo colonizzato. Cosa intendiamo con “stato di polizia”?
Lo stato di polizia è un’evoluzione dello stato assoluto, concetto che ha visto i suoi albori a partire dalle Grandi monarchie del 1700 in Europa (in particolare con Maria Teresa d’Austria e con Federico il Grande), e che ha come caratteristiche generali il raggiungimento del benessere dei cittadini tramite una fortissima centralizzazione dei poteri dello stato.
In risposta alla forte oppressione dei giapponesi all’interno del Paese, si formarono piano piano, al di fuori della Corea, delle associazioni patriottiche coreane, unite dal desiderio di liberare il Paese dalla furia nipponica.
Con la fine della Grande Guerra, i coreani videro nella Russia un possibile aiuto nella lotta contro i giapponesi e in questo clima di entusiasmo, ma anche di incertezze e paure, nacque il cosiddetto “Movimento del 1° marzo” per l’indipendenza del Paese (Samil undong).
Nel frattempo, il 22 gennaio 1919 morì l’ex re coreano Kojong e iniziò presto a circolare la voce che fosse stato avvelenato da un soldato giapponese e, ovviamente, questo non fece altro che aumentare notevolmente il malcontento all’interno del Paese e i capi della resistenza coreana ne approfittarono per unirsi ancora di più contro il nemico comune; il 1° marzo 1919 ci fu la lettura in piazza della dichiarazione di indipendenza davanti a una folla numerosissima che si sparse per le strade della capitale inneggiando all’indipendenza: purtroppo, però, la repressione fu brutale e migliaia di cittadini coreani vennero uccisi a colpi d’arma da fuoco mentre altri vennero rinchiusi in loculi senza uscita, lasciati morire tra le fiamme, così come vennero bruciate case, scuole e chiese.
Mai, fino ad allora, c’era stata una reazione così violenta ai danni del popolo coreano e il Giappone mostrò il suo lato più brutale e razzista e si pensa, infatti, che alla fine ci furono quasi 10.000 morti, 15.000 feriti e più di 50.000 imprigionati e, purtroppo, la natura pacifica della protesta coreana servì a ben poco, anzi tutto ciò aveva portato al massacro generale di un Paese che aveva cercato di tornare a splendere come una volta.
I coreani, però, non si lasciarono abbattere dalla brutalità e dai massacri messi in atto dai nipponici, infatti, la resistenza continuò nel suo durissimo percorso e il 10 aprile 1919 venne costituito a Shanghai un governo provvisorio coreano mentre i coreani esuli in Manciuria attaccavano le unità giapponesi: se, da una parte, il governo provvisorio avviava attività diplomatiche col resto del mondo, la lotta armata della resistenza, riprese più forte che mai.
Il secondo periodo: gli anni ’20 del 900
Il decennio che venne a seguire, visti gli esiti del primo periodo, non prometteva nulla di buono, eppure, il Giappone decise di ridurre in parte la propria dominazione in terra coreana e questo fu l’inizio della cosiddetta “politica illuminata”, in cui vennero usati metodi più umani e data qualche concessione in più ai colonizzati, permettendo addirittura a qualche coreano di entrare nei ruoli dell’amministrazione, venne anche consentita la stampa di quotidiani coreani (seppur sotto parziale censura), che ancora oggi esistono e sono tra i maggiori quotidiani della Corea. Quali sono questi giornali?
Il Chosun Ilbo (조선 일보, 朝鮮 日報)!
Comunque, nonostante queste piccole concessioni date ai coreani, questi furono gli anni in cui il Giappone, provato anche dalla prima guerra mondiale, sfruttò al massimo le risorse coreane, sarà infatti in questo periodo che la Corea diventerà il “Granaio del Sol Levante”, con le sue industrie e la manodopera a basso costo, fornita dai lavoratori locali, non a caso, in questi anni, molti coreani, in preda alla disperazione, emigreranno in Manciuria e nello stesso Giappone per fuggire alla dominazione nipponica.
In questi anni, l’odio tra le due etnie divenne sempre più grande e la lotta armata continuò per tutto il decennio, insieme a quella politica. Il 1° settembre 1923 Tokyo fu gravemente danneggiata da un terremoto e i nipponici sfogarono la loro rabbia e frustrazione facendo strage dei coreani presenti sulla loro terra.
La “politica illuminata” fu un fallimento e il decennio si chiuse in un turbinio di violenza.
Il quindicennio finale: gli anni dal 1930 al 1945
Questi ultimi 15 anni segnarono l’ultima fase del dominio giapponese in terra coreana, fu il periodo dell’alleanza col nazi-fascismo e di un Giappone più che mai imperialista e nazionalista: in questi anni i nipponici tenteranno di allargare sempre di più i loro confini, con la conquista della Manciuria nel 1931 e la repressione sui coreani divenne sempre maggiore.
Questa volta, però, i coreani non si fermarono alla semplice guerriglia e presero anche loro a rispondere alla violenza giapponese con altra violenza, dando il via ad una serie di attentati e, uno dei più importanti, fu quello ai danni dell’imperatore giapponese Hirohito a Tokyo e, poco più tardi, seguì quello a un ambasciatore giapponese in Manciuria, da parte di una donna coreana sessantenne, che una volta catturata, si lasciò morire di fame in cella.
A questo punto i giapponesi, stanchi delle rivolte da parte dei coreani, iniziarono ad attuare una repressione forzata, volta ad annullare completamente l’identità coreana, un’autentica operazione di “pulizia etnica”, infatti i programmi didattici nelle scuole cambiarono drasticamente dando maggiore importanza allo studio della lingua giapponese e anche alla conoscenza della storia, secondo i canoni giapponesi, e si arrivò al punto che fu vietato completamente l’uso della lingua coreana in pubblico: anche la religione, subì delle conseguenze, infatti dal 1935 in poi, tutti i coreani dovevano seguire le cerimonie Shinto e questo, ovviamente, portò all’ennesimo malcontento che sfociò in ribellione da parte dei fedeli dell’altro credo e, anche in questo caso, la punizione dei nipponici non tardò ad arrivare e molti sacerdoti vennero arrestati ed espulsi i missionari.
Slogan come “Nissen yuwa” (armonia fra Giappone e Corea) e “Naisen ittai” (Giappone e Corea, una sola nazione) non facevano che confermare l’estrema ipocrisia e, allo stesso tempo, ferocia del popolo colonizzatore che non aveva alcuna intenzione di allentare la presa e lasciare libertà ai cittadini schiavizzati, ormai allo stremo delle forze.
Gli ultimi anni del dominio giapponese furono, forse, quelli più drammatici: nel 1937 scoppiò la guerra tra Giappone e Cina, vennero arruolati soldati coreani che, volenti o nolenti, dovevano combattere al fianco dei nuovi padroni, contro un nemico che non era il loro, così come tutti i soldati coreani furono costretti ad assumere nomi giapponesi; nello stesso periodo (intorno al 1939), tutti i giornali in lingua coreana furono soppressi, ad eccezione di uno, il “Maeil Sinbo” (Nuovo quotidiano).
Nel 1941, con l’attacco a Pearl Harbor, il Giappone entrò ufficialmente nel secondo conflitto mondiale e non mancò occasione per infierire ancora sul popolo coreano, infatti in questi anni migliaia di donne vennero sequestrate e usate per soddisfare i piaceri personali dei soldati giapponesi: si parla in proposito delle “comfort women”, termine vivo ancora oggi in Oriente e utilizzato dal popolo coreano che rivendicava la propria dignità e libertà, completamente distrutta in quei drammatici anni.
NB: lo sapevate che è ancora in corso una questione legale (e sociale, prevalentemente) secondo la quale il popolo coreano vorrebbe essere risarcito dal Giappone per i danni subiti?
Con le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki terminò l’oppressione dei giapponesi sulla Corea che, piano piano, lasciarono il paese e, il 15 agosto 1945, finalmente la Corea poté ritenersi libera dai colonizzatori: una libertà amarissima, costata milioni di vittime e che lasciò profonde cicatrici, sul popolo coreano, oppresso per più di 30 anni.
Se siete curiosi di sapere come hanno reagito gli artisti moderni e le nuove generazioni a questo triste periodo della storia coreana, passate a dare un’occhiata alla nostra rubrica #Hipstory dove potrete trovare un episodio dedicato interamente al Movimento del primo marzo e all’indipendenza coreana visto tramite gli occhi dell’artista hip-hop Bewhy!
Piacere di conoscerti,noi siamo una famiglia veneziana,io sono la mamma Michela,attraverso mia nipote abbiamo scoperto la Corea kpop💜BTS💜.Mi piace la storia in genere,ho letto quello che hai scritto,molto dettagliato e semplice.Grazie Complimenti.