Che stia cambiando qualcosa nell’approccio cinematografico e nelle scelte di regia e sceneggiatura del blocco coreano è ormai palese da molto tempo, infatti negli ultimi anni non sono state poche le novità che hanno stravolto gli schermi coreani e “My name”, serie prodotta da Netflix, i cui primi tre episodi sono stati trasmessi in anteprima al BIFF (Busan International Film Festival), uscita ufficialmente nella piattaforma il 15 ottobre rientra sicuramente in questa categoria.
Ci troviamo nuovamente davanti ad una serie thriller/noir che ha come tema di fondo la vendetta e la voglia di rivalsa da parte di una giovane donna, Yoon Jiwoo, che dopo aver assistito alla morte violenta del padre, inizia un percorso alla ricerca di risposte a infiniti quesiti che la porteranno ad esplorare tanto le fazioni del bene quanto quelle del male, creando un forte conflitto all’interno del suo stesso animo.
La serie ruota tutta intorno alla psiche e alle (dis)avventure della protagonista che, certa di alcune verità, si affilierà ad una potentissima organizzazione criminale, sotto lo stretto controllo del gangster Choi Mu-jin, per rivendicare la morte del padre ai danni di un membro del corpo di polizia, presunto responsabile e pianificatore dell’omicidio del padre: ma non è tutto oro quel che luccica e all’improvviso Jiwoo si renderà conto di aver sempre visto il mondo soltanto accecata dalla rabbia, ignorando alcuni evidenti tranelli.
Per proseguire nelle sue indagini e nella sua ricerca, Jiwoo cambierà identità, presentandosi sotto lo pseudonimo di Oh Hye-jin, e inizierà la sua scalata all’interno dei ranghi della polizia, passando dal reparto “crimini violenti” a quello della “narcotici”, dove incontrerà il suo collega e, come in tutte le storie enemies-to-lovers, fiamma Jeon Pil-do, un detective con il quale avrà un brusco inizio e un rapporto altalenante.
Allenata a combattere fino allo sfinimento e con qualsiasi tipologia di arma, non sarà difficile per Jiwoo infiltrarsi per bene tra le schiere della polizia ma la sua strategia inizierà a vacillare così come le sue certezze, una volta capisaldi della sua sete di vendetta, prenderanno la via del declino, crollando una per volta e portandola ad aprire gli occhi: ben presto i sospetti sul suo conto spingeranno Pil-do e il capo della Narcotici, Cha Gi-Ho, a metterla alle strette.
La serie è ben strutturata, conta soltanto 8 episodi ma sono sufficienti per costringere lo spettatore a rimanere incollato allo schermo e a terminare l’intera visione in un unico pomeriggio, il ritmo è veloce e le scene violente sono molto autentiche, sintomo della grande attenzione e talento degli sceneggiatori ma anche degli stessi attori.
Han So-Hee l’avevamo già vista nei cast Netflix e sugli schermi di molti nel drama di recente uscita “Nevertheless”, serie tv più adatta ad un pubblico più giovane e sicuramente meno impegnata e impegnativa come visione, sia per tematiche trattate che per tipologia di recitazione, e nonostante il grande successo della serie, è sorto il dubbio che il grande talento dell’attrice non si fosse rivelato soltanto una falsa verità, un enfant-prodige che navigava comodamente nella mediocrità ma questa serie ha sgomberato ogni sorta di perplessità, mostrando come il genere giusto può fare veramente la differenza.
Vedere come sia stata capace di modificare, non soltanto il suo fisico, ma anche e soprattutto la sua stessa mente alla psicologia del personaggio e aderire perfettamente nelle sue vesti, diventando un tutt’uno con Jiwoo è stato un piacere per gli occhi perché finalmente abbiamo avuto modo di osservare il suo vero potenziale e talento: non è soltanto un’ottima attrice ma anche una grande comunicatrice perché, specie in alcune scene, è stata in grado di mostrare allo spettatore le vere sensazioni provate dalla protagonista, creando una maggiore empatia e connessione tra i due mondi, davanti e dietro lo schermo.
Una standing ovation, invece, sarebbe totalmente meritata per gli altri due protagonisti indiscussi della serie, Choi Mu-jin, il cattivo per eccellenza che si rivela essere il peggiore dei mostri, e Jeon Pil-do, il classico cavaliere senza macchia e senza paura: una menzione ulteriore va fatta nei confronti di quest’ultimo, specie se si considera che prima di questa serie e della serie on-air in questo momento “Yumi’s cell” che lo vede come protagonista, lo abbiamo visto nelle vesti del cattivo in “Itaewon class” ed è stata quindi una sorpresa vedere come, anch’egli, sia in grado di essere così versatile e camaleontico.
Consigliamo questa serie?
Assolutamente sì, se siete amanti del genere e non siete particolarmente sensibili alle scene violente e più sanguinolente perché questa serie ne è piena: probabilmente la visione è consigliata ad un pubblico più adulto perché alcune tematiche trattate, come la violenza, il lutto e la vendetta, possono risultare eccessivamente traumatiche per il modo con cui sono state affrontate.
Serie BELLISSIMA, lei di una bravura impressionante.